Quanti morti ancora, prima di fondare uno Stato sociale?

suicidio.jpg“Mi tolgo io dalla condizione”, questo scrive Giuseppe Burgarella, una persona di 61 anni rimasta senza lavoro. Inizia a lavorare da ragazzino segando il marmo e poi per l’edilizia. Svolge anche l’attività di sindacalista, fa parte del direttivo provinciale.  Il suo grido, nel silenzio, lo porta a chiedere aiuto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano  e al Segretario della Cgil, Susanna Camusso. Un grido disperato il suo che non trova riscontro, neanche una risposta. Decide di farla finita conscio di uno Stato barbaro che quando guadagni allunga la mano per tassarti per ritirarla subito dopo quando hai bisogno. Con estrema lucidità organizza tutto. Non sono i debiti, non è  una malattia incurabile, né il movente sentimentale a portarselo via, ma la sua dignità di uomo mortificata da quel silenzio Istituzionale insensibile al suo problema.  Lo hanno trovato con una corda al collo e con in tasca copie delle lettere spedite al Presidente della Repubblica e alla sindacalista. Poco distante dal corpo è stato rinvenuto un opuscolo sulla Costituzione e un foglio che riportava l’elenco dei nomi dei suicidi a causa della disoccupazione, l’ultimo era il suo.

Non è stato solamente un suo problema perché potrebbe essere il problema di tutti, anche di te che stai leggendo. Questo è uno Stato che non risponde alla dignità sociale, che non ne trova mai il tempo ma che è capace di nominare un senatore a vita anche in una sola notte, in barba ai tempi e alla burocrazia, garantendogli un vitalizio che prenderanno anche gli eredi. È di questo che stiamo parlando caro lettore.

L’Italia siamo noi e non i governanti,  ossia  quattro sparuti individui che scrutano le persone in nome dello spread e che non si soffermano mai a guardarle negli occhi, a osservare la loro sofferenza, a rispettare la loro dignità.

Giuseppe non era un fannullone, era una persona che anche a 61 anni rivoleva la sua occasione senza pesare sui conti dello Stato. “Lo faccio perché senza lavoro non c’è dignità”, con queste parole ci ha lasciato.

Quanti morti ancora ci saranno prima di fondare uno Stato sociale? È questa la domanda che dobbiamo sempre porre ai candidati, ai nominati, al governo, senza stancarci mai e senza timore. Siamo noi l’Italia, non loro! Essi sono e debbono essere al nostro servizio, sono nostri dipendenti. Siamo noi cittadini che dobbiamo pretendere, che in questi casi dovremmo alzare la voce e mandarli tutti a casa se è necessario come  lo è.

Ho scritto questo articolo suggerito dal cuore. Soffia sulle vele di questa domanda, ponila ai politici con forza: nessuno deve morire per mancanza di lavoro o perché non ha nulla per vivere.

Sta facendo più vittime la disoccupazione che la guerra; “non è questo lo Stato che vogliamo”, gridatelo anche sgarbatamente se non ci dovessero ascoltare.

Questo articolo è un messaggio chiaro, un piccolo contributo che dalla mia rubrica voglio dare a difesa della dignità della persona. E dico con forza: al centro della politica deve starci l’uomo, non lo spread. Tutto deve gravitare attorno all’uomo e alla sua dignità. Non vogliamo che ci siano privilegiati  da un lato e gente che non può guardare in faccia i propri figli dall’altro. Basta! Lo grido a te politico e invito te lettore a diffonderlo con forza, senza peli sulla lingua.

 Impariamo a guardarli in faccia e mandarli a casa perché sono incapaci di gestire e rispettare l’uomo.

Adriano Nicosia

Quanti morti ancora, prima di fondare uno Stato sociale?ultima modifica: 2013-02-10T09:37:00+01:00da percorsisicilia
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